Epatite autoimmune

L’epatite autoimmune è una malattia del fegato causata da un difetto del sistema immunitario. Le nostre difese immunitarie per errore non riconoscono il fegato come parte dell’organismo ma lo identificano come un corpo estraneo, lo attaccano distruggendo le cellule epatiche e provocando un’infiammazione che nel tempo può alterare la struttura dell’organo fino alla cirrosi.

Come la maggior parte delle malattie su base autoimmune colpisce soprattutto le donne (70%), in genere prima dei 40 anni, ma esiste anche una forma che colpisce i bambini. Spesso insorge senza sintomi, ma durante la fase di esordio (danno acuto) può comportare una stanchezza intensa, disturbi digestivi e ittero (colorazione giallastra delle sclere e della pelle). Di frequente si manifesta insieme ad altre patologie autoimmuni. Sulla base del tipo di autoanticorpi presenti nel sangue, l’epatite autoimmune può essere classificata come tipo I, tipo II o III.

Tipo 1: è la forma più comune di epatite autoimmune con positività agli anticorpi anti-nucleo (ANA) o anti-muscolo liscio (ASMA). Si manifesta a qualsiasi età e si associa alla presenza di altre malattie autoimmuni.

Tipo 2: si manifesta con maggior frequenza nelle donne di giovane età con altre patologie su base autoimmune. È caratterizzata dalla positività per anticorpi microsomiali fegato-rene (LKM1)

Tipo 3: simile al tipo 1 ma caratterizzata dalla positività ad altri tipi di autoanticorpi.

Quali sono le cause dell’epatite autoimmune?

L’epatite autoimmune è una patologia su base autoimmune. Questo vuol dire che il sistema immunitario riconosce erroneamente le cellule epatiche come elementi estranei all’organismo e li aggredisce come normalmente fa nei confronti di virus e batteri. Non è ancora noto quale sia il fattore scatenante (es un’infezione virale, l’assunzione di un farmaco, una predisposizione genetica).

Quali sono i sintomi dell’epatite autoimmune?

La malattia può decorrere in modo silenzioso e senza sintomi; talora se l’infiammazione è particolarmente importante il paziente può accusare stanchezza, disturbi digestivi ed ittero, prurito, urine scure.

Con il progredire della malattia e lo sviluppo della cirrosi possono insorgenze le complicanze legate al cattivo funzionamento del fegato (insufficienza epatica, ascite) ed all’alterata struttura dell’organo (ipertensione portale con varici esofagee ed ingrossamento della milza). A seguito delle terapie che sono necessarie per curare l’epatite autoimmune i pazienti che ne sono affetti presentano un aumentato rischio di osteoporosi.

Come si può prevenire l’epatite autoimmune?

Non esistono misure per la prevenzione della malattia. I pazienti ai quali è stata diagnosticata la patologia devono evitare gli alcolici ed adottare uno stile di vita atto ad evitare la sovrapposizione di altri cofattori di danno epatico (alimentazione varia ed equilibrata, ricca di verdura e cereali integrali, con limitato introito di zuccheri a rapido assorbimento; pratica regolare di un’attività fisica; limitazione all’uso di farmaci se non indispensabili e non specificamente epatotossici).

Diagnosi

Per la diagnosi dell’epatite autoimmune si eseguono i seguenti esami:

  • Esami del sangue, per la valutazione degli indici biochimici di citolisi (quali le transaminasi, AST e ALT) e colestasi (g-GT, fosfatasi alcalina, bilirubina) e della funzionalità epatica; la ricerca di immunoglobuline e degli autoanticorpi.
  • Ecografia dell’addome superiore e Fibroscan
  • Biopsia epatica, che permette di caratterizzare il tipo di infiammazione (differente da quella osservata in altre forme di epatite, come quelle da virus o alcol) e di valutare la tendenza all’evoluzione della malattia.

Trattamenti

La terapia consiste nel bloccare l’attività anomala del sistema immunitario attraverso farmaci chiamati per questo immunosoppressivi. Nelle fasi iniziali sono necessari dosaggi, talora anche elevati, di cortisone; i pazienti che non rispondono al cortisone o che manifestano effetti collaterali possono fare una terapia di associazione con cortisone ed azatioprina. La terapia deve essere mantenuta per periodi prolungati per consentire una completa remissione della malattia. Nei casi più gravi è necessario il trapianto di fegato.